C’è un limite oltre il quale le norme smettono di essere strumenti di garanzia e diventano esercizi di sterile burocrazia. È il caso dell’assurda specificazione contenuta in una recente nota ministeriale che, di fatto, obbliga a ripetere l’anno di prova anche docenti che da anni svolgono lo stesso identico lavoro, con le stesse funzioni e responsabilità, semplicemente perché hanno effettuato un passaggio di ruolo da una classe di concorso di fascia B ad una di fascia A, pur rimanendo sul sostegno e nello stesso grado di istruzione.

Parliamo di insegnanti di sostegno con alle spalle decenni di servizio, che hanno già superato l’anno di formazione e prova, spesso all’inizio della loro carriera, e che oggi si trovano nuovamente sottoposti a un percorso pensato per i docenti neoassunti. Un paradosso evidente: cambiano i codici amministrativi, ma non cambia il mestiere. Le mansioni restano identiche, le competenze sono le stesse, la professionalità è ampiamente consolidata.

Vale la pena ricordare che l’anno di prova per un docente nasce con uno scopo preciso: verificare, nel primo anno di immissione in ruolo, la capacità di insegnare, di gestire la classe, di inserirsi nell’organizzazione scolastica e di svolgere correttamente le funzioni educative e didattiche. È uno strumento di accompagnamento e valutazione iniziale. Pretendere che un docente di sostegno, in ruolo da anni e già valutato positivamente, debba “dimostrare” di saper fare ciò che fa quotidianamente da una vita professionale intera appare privo di qualsiasi logica pedagogica o giuridica.

Non a caso, note ministeriali, interpretazioni autorevoli della stampa specializzata e persino pronunce della magistratura del lavoro hanno più volte chiarito che l’anno di prova non va ripetuto se già svolto nello stesso grado di istruzione, sia su posto comune sia su sostegno. Eppure, nonostante questo quadro, l’amministrazione continua a generare confusione, scaricando sulle scuole e sui docenti un contenzioso inutile e frustrante.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un enorme dispendio di tempo, soldi ed energie. Segreterie scolastiche oberate da pratiche superflue, dirigenti costretti a nominare tutor e comitati di valutazione per procedure formalmente corrette ma sostanzialmente vuote, docenti umiliati nella loro professionalità. Risorse che potrebbero – e dovrebbero – essere dedicate alle vere emergenze della scuola: inclusione, continuità didattica, sostegno agli alunni più fragili.

In un sistema educativo già affaticato, imporre un anno di prova “fotocopia” a chi svolge lo stesso identico lavoro da anni non rafforza la qualità dell’istruzione. Al contrario, certifica una distanza preoccupante tra le decisioni ministeriali e la realtà quotidiana delle scuole. E quando le regole perdono il contatto con il buon senso, a pagare il prezzo più alto non sono solo i docenti, ma l’intero sistema educativo.

On. Prof.ssa Simona Vietina Segretario regionale Democrazia Cristiana in Emilia Romagna

—a cura del Coordinamento nazionale ed interregionale della comunicazione della Democrazia Cristiana—